No, non sto parlando di
chi mi segnala sul
proprio blog (grazie!).
Sto parlando di traduzioni.
So che c'è
chi avrebbe più diritto di me di parlare di certe cose, ma ho appena finito di leggere un
libro che mi ha fatto tornare in mente (e sullo stomaco) qualche riflessione sul mestiere di tradurre.
E già, perché proprio di mestiere si tratta o, meglio, si dovrebbe trattare.
Io di mestiere non faccio il traduttore e l'inglese l'ho imparato da solo, ma una delle prime cose che ho incontrato nello studiare le lingue sono i "falsi amici". I falsi amici sono quelle parole apparentemente molto simili tra loro, ma con significati diversi.
Tipici esempi dall'inglese sono
to annoy (infastidire),
compass (bussola),
silicon (silicio), ecc.
È presumibile che un traduttore queste cose le sappia e che una casa editrice impieghi persone che il traduttore lo fanno di mestiere o che, almeno, qualcuno controlli il risultato.
Pia illusione.
Nella maggior parte dei casi non è così, e il libro di cui sopra ne è un fulgido esempio: è ambientato in Nordamerica, l'autore (che pure è inglese) a fine volume ringrazia chi lo ha aiutato a eliminare gli ultimi anglicismi... e allora perché, mi chiedo, tradurre
buffalo con "bufalo" invece di "bisonte"?
football con "calcio", che in inglese americano si dice
soccer?
Inoltre, chi mi sa dire la differenza tra una "lanterna a forma di luna crescente" e una a forma di luna calante? Semplice, non esiste, perché
crescent (moon) significa, semplicemente, "mezzaluna".
E questi sono solo gli esempi che ho estrapolato dal contesto, senza un confronto con il testo originale, non oso pensare a quali e quanti altri e/orrori si possano celare...
Per essere chiari: non è mia intenzione denigrare la figura del traduttore, né negare il
merito là dove è dovuto. Voglio solo segnalare il modo in cui, troppo spesso, si fa "cultura" in Italia.
Ah, dimenticavo, buona
Santa Lucia a tutti!
Categoria: libri
Etichette: libri
0 Commenti:
Posta un commento
Collegamenti:
Crea un link
↖ torna alla pagina principale